Parlare di Zirmani è come parlare della nebbia o del chiarore lunare, elementi che vediamo e sappiamo riconoscere, ma assolutamente imprendibili e impossibili da misurare o catalogare. Ebbene, anche per Zirmani è così.
Su di lui si sa poco più di zero, eppure anche quel poco che si sa, seppure ingigantito da racconti che via via continuano a farsi sempre più incredibili, contribuisce a creare intorno al personaggio un’aura di meraviglia che ha dello straordinario.
Sebbene si dica che andrebbe considerato come il degno successore dei vari Cagliostro e Saint Germain, probabilmente con costoro aveva poco o nulla da spartire. La vita di tali avventurieri e ciarlatani mal si concilia, infatti, con la strada quasi illuminata intrapresa da Zirmani.
Il racconto delle sue gesta e, in particolare, delle meraviglie che si dice fosse in grado di realizzare con un semplice mazzo di carte potrebbero in effetti far pensare al prestigiatore, al manipolatore, magari persino al baro. Ma se qualcosa di grande aveva Zirmani fu la sua capacità di giocare con la fantasia del suo fortunato pubblico. Capacità che gli permetteva di plasmare le percezioni dei suoi spettatori a piacimento, generando così immagini e ricordi giunti a noi completamente irriconoscibili e inconciliabili con i fatti che fu possibile documentare dai suoi contemporanei.
Qualcosa di simile è riuscito, anni dopo, a colui che può ben dirsi un suo emulo, quel Gustavo Rol, torinese, che, di ben altra estrazione e cultura, riuscì a godere di vantaggi che il povero Zirmani neppure si sognava.
E, dunque, con talento forse inferiore, Rol riuscì nell’impresa di immortalare se stesso quale novello Zarathustra, pur senza mai dover dare prova sperimentale delle sue facoltà. Tutto quel che Rol faceva, in fin dei conti, era esibirsi per una corte di ammiratori che lo omaggiavano in casa sua pendendo dalle sue labbra, incapaci di riconoscere un falso miscuglio da una doppia presa. [...]
Massimo Polidoro